Basket, che fine faremo Meneghin?
Lo chiede al presidente federale la presidentessa del Costone Siena, uno dei club storici della pallacanestro bocciando la riforma di una A di sviluppo con i grandi centri. Meneghin convoca la Lega Nazionale Pallacanestro il 21 maggio a Roma
Nota di Enrico Campana
MILANO – Nell’articolo del 15 maggio dal titolo “Basket, Meneghin pronto a trattare”, a proposito dell’azione plebiscitaria con la quale 28 società di A dilettanti su 29 e ben il 96,5 % del totale della LNP in rappresentanza di ben 13 regioni hanno firmato il documento che boccia la nascita del “campionato di sviluppo” votato nell’ultimo consiglio federale della federazione e che di fatto retrocede – vero ukase – le ben 222 società dei dilettanti, con conseguente l’azzeramento del diritto sportivo e relativo avviamento , per un lapsus involontario avevo rilevato la singolare contraddizione fra i club senesi che oltre alla passione hanno in comune lo sponsor (Mps o altri rami d’azienda, come Consum.it).
Il commento che “Curiosamente, Siena è divisa in due. Cus e Colle hanno detto no, hanno invece risposto sì Virtus e Costone”, pertanto va rovesciato di 180 gradi. Per cui le posizioni esatte: Virtus e Costone hanno detto no, Cus e Colle hanno detto sì alla riforma. Ci scusiamo con gli interessati. Sull’argomento interviene Patrizia Morbidi, presidentessa del Costone Siena (Serie C), un club benemerito del basket italiano cui si deve fin dai primi del secolo scorso assieme alla Mens Sana l’introduzione del basket in Italia, e l’acquisto da parte dei primi canestri in ferro acquistati in Inghilterra oltre a grandi figure dirigenziali, fra cui appassionati sacerdoti di sport. Il Costone ha anche promosso recentemente l’uscita del prezioso libro-documento dedicato al basket come moderno fenomeno sociologico in collaborazione con l’Università di Siena, e sfiorato la promozione in B per un pasticcio inaudito riguardante la burocrazia federale. Soprattutto vanta una potenzialità che a volte club di A nemmeno si sognano, in termini di “scuola cestistica”, organizzazione, volontariato, impegno in altri sport, attenzione anche al settore femminile, oltre alla proprietà di un moderno palasport. Chiaramente non ci sta, come il 96,5 dei club, a un declassamento deciso a tavolino, unilaterale, con zone di opacità, a cominciare dai vizi di forma. “Abbiamo richiesto invano la bozza della riforma decisa dal Consiglio federale, ma ci siamo dovuti accontentare di quello saputo dalla nostra Lega”, premette sbigottita. “Mi pare – prosegue preoccupata la presidentessa e stimata imprenditrice che porta avanti una passione familiare di lunga data – un momento molto nebuloso. La decisione del Consiglio federale è una grande tegola che ci cade sul capo anche a livello mediatico e in un momento in cui è più difficile trovare nuove risorse. Vorrei sapere Meneghin dove vuole andare con questo provvedimento, ma soprattutto chiedergli: quale sarà la nostra fine?”.
Vista la ferma decisione dei club dilettanti che rappresentano l’essenza del basket sul territorio e la dinamica del reclutamento e formazione su grandi numeri, con molto tatto il presidente della LNP chiede di arrivare a una riforma “condivisa” dall’interno. E nell’ambito della Federazione si comincia a mettere le mani avanmti, che si tratta di un progetto di partenza e che “nemmeno partirà”.
Rientrato dal board della FIBA europea il presidente Meneghin “ha determinato lo svolgimento di un nuovo incontro tra i vertici di FIP e di LNP, facente seguito a quelli già avvenuti in data 23 aprile e 30 aprile, da svolgersi prima della seconda seduta della commissione tecnica per l’organizzazione del campionato di sviluppo, prevista per il prossimo 21 maggio”.
Chiaramente tutti sono curiosi di sapere alcune cose fondamentali: 1) Come è nato questo progetto, 2) chi sono i fautori, 3) quali sono i club o le città candidate, 4) quali sono i parametri d’accesso, 5) esistono già dei finanziatori, 6) i rarissimi voti astenuti o contrari collimano tutte con piazze che beneficerebbero della riforma, erano già stati dunque avvisati, e da chi?, 7) I club di A possono avere (in modo diretto o indiretto) una seconda squadra in questo “campionato sviluppo” potendo così, in alcuni casi, oltre all’aspetto monopolistico trarre dei vantaggi anche dalla riforma del blocco regionale sui tesseramenti “under 16”?, perché scegliere una tempistica inopportuna, mentre la stagione sta chiudendo e si gioca per posizioni di classifica vanificabili?, 9) Cosa pensa la Lega Due che di fatto a sua volta, con la scusa di recuperare le grandi città, sarebbe a sua volta declassato, 10) Il CONI è stato informato nei particolari, sapeva di questo blitz?. Si potrebbe andare avanti all’infinito, dare per scontato che ci sarebbero 2-3 stranieri, quote comunitarie, la possibilità di passare alla A-1 durante la stagione, e così via tutte quelle utili scappatoie vigenti.
Chiaramente il CONI vigila, deve vigilare più che mai. Gianni Petrucci ha chiesto una riforma e non una Controriforma che più la osservi più appare un cavallo di Troia dove gli aspetti speculativi e commerciali sono maggiori dei benefici tecnici, per cui prima sarebbe più utile sistemare le molte problematiche riguardanti le aree di A esistenti, invece di creare un terzo polo che presenta sulla carta potenzialità interessanti, ma totalmente avulso da un rilancio razionale del basket e contraddice il momentaccio economico. Se buttì la una A-3, significa procurare un’attenzione di marketing solo su quello, il resto è cheap..Questo raid avviene su un terreno estremamente scivoloso, anche sul piano delle leggi del paese, meglio affrontare invece una riforma dedicata a una sana sopravvivenza, e assieme alla LNP che ha i numeri (e la compattezza e la conoscenza) far partire invece una riforma per detassare lo sport. Vorrei chiedere, con tutto questo tourbillon di progetti, conferenze stampa, show se Meneghin conosce quanto costa a un club un’ora d’allenamento. E se sa che il costo è lo stesso di un club di A. Naturalmente un’altra lettura interessante sarebbe anche il minutaggio dei giovani nei roster di A.
Basket, i dilettanti contro Meneghin
Le 220 società non accettato la riforma per la nascita di terzo campionato di A che di fatto provocherebbe la loro retrocessione. E con molte squadre di A-1 e A-2 pericolanti si tratta di un passo avventato
Nota di Enrico Campana
MILANO – La rifondazione invocata da Gianni Petrucci (“senza una riforma il basket muore”) ha messo una strana e pericolosa fretta alla Federbasket, quasi una pruderie. Da qui a sorpresa – vero colpo di magia se non un ukase- è uscito dall’ultimo consiglio federale un progetto non annunciato, unilaterale, preso senza ascoltare e discutere con tutti gli strati del basket, senza far girare prima una bozza di progetto. Decisione presa soprattutto palesemente contro il più strategico, numeroso (ma economicamente debolissimo) soggetto del basket facente capo alla Lega Nazionale Pallacanestro. Quello che copre tutto il territorio nazionale e presiede al compito di creare i giocatori ed è la cinghia di trasmissione, sempre più lassa, fra i campionati giovanili e il campionato di vetrina.
C’è stato un tempo del dialogo e delle proposte mai colmato, anzi disatteso da incontri veri, con indicazioni di parametri e obiettivi quando la LNP che, gestisce tutti i campionati dilettanti dalla A alla C, aveva pazientemente offerto la sua disponibilità e concesso (bontà sua…) un periodo di franchigia al nuovo presidente, e altri – come Mister Flipper nella sua rubrica su Sportevai.it – avevano lanciato una proposta organica basata sulle scelte e le possibili quote-recruting regionali., un modo per prendere atto della necessità di passare a una fase di lavoro.
Il presidente-Monumento si è dedicato invece ad altre priorità, e capisco che il suo non è stato un anno facile. Uscito da un commissariamento, ha incassato la prima sconfitta nella corsa al Mondiale, poi è venuta la seconda con l’esclusione dagli europei, la terza il divorzio con Recalcati, prima confermato e poi scaricato, e non ultima l’inchiesta di Reggio Calabria (arbitropoli e non solo) che potrebbe regalare, gratta gratta, qualche inaspettata sorpresa se a un anno dagli avvisi il processo ancora non è stato fissato. A quel punto Dino si è concentrato sul nuovo (?) assetto tecnico-organizzativo della nazionale che non è piaciuto al gran capo del CONI. Un vero e proprio trionfo del part-time e di quel precariato (anche se in questo caso di lusso…) imperante ormai della nostra nazione. E’ seguita una fase dedicata al marketing, con molti viaggi, apparizioni, incontri e non ha trovato il modo per concentrarsi su un problema delicato, specie in periodi di crisi nera come questi. Ma dilettanti non significa peones, 220 società possono, come numeri, creare un ribaltone.
Non voglio credere – a proposto di questa Controriforma, per quello che mi raccontano – su come si è arrivati ai due capisaldi, entrambi chiaramente ispirati a un boicottaggio mirato all’area strategica chiave per la nostra pallacanestro.
Il primo è quello del reclutamento vietato a società di altre regioni fino all’età di 16 anni, un federalismo cestistico ante-litteram del tutto antipatico di cui se ne avvantaggiano le società più forti, monopoliste, che poi non fanno giocare puntualmente in prima squadra i vincitori dei loro scudetti, li trattano come pedine di mercato, e spernacchiano anche il genere il “giocatore italiano”… Il secondo è la creazione di un terzo campionato di A. Questa una sorta di Lega 3 che avrebbe il compito di riportare il basket in alcune grandi città dove è scomparso, 9 volte su 10 per i propri errori, vedi – esempio – il caso lampante di Firenze in cui con l’avallo dell’Amministrazione Comunale (e i contributi…) si è toccato il fondo permettendo a un imprenditore di chiudere bottega e di portare altrove i migliori prodotti del vivaio.
Non voglio credere che davvero quest’ultima A-3 detta “di sviluppo” (ma quale?) calata dall’alto, sia arrivata in una pausa caffè del consiglio federale. Non c’era un’idea precisa, un consigliere il cui cognome comincia per B. avrebbe detto: perchè non facciamo così?.Geniale intuizione!. L’ora era tarda, tutti avevano prenotato il treno o l’aereo per il rientro, ecco scodellato un progetto senza un dossier, una illustrazione. Prendiamo subito la decisione chiosando lo spirito, nel frattempo ci costruiamo su una formula, un meccanismo di accesso. Se non ci sono dietro alcuni club di A che hanno giocatori in soprannumero, e che magari poltre a una società satellite potrebbero anche creare un serbatoio regionale “fuori porta”, siamo all’invasione dei marziani… Qui decade da un giorno all’altro il diritto sportivo, e quando le bocce sono in volo. I campionati sono in una fase delicata, è possibile questa leggerezza?. O è presunzione o protervia?
Il presidente della Lega dilettanti ha provveduto a fare le sue rimostranze con un comunicato ufficiale rimasto lettera morta, sono seguiti nelle scorse settimane gli incontri fra le società dei due gironi, e la prima fase della protesta è affrontata col ramoscello d’olivo. Sembra che stia per partire una lettera per Dino Meneghin, concordata dalle 220 società interessate, che segnala “un profondo dissenso verso il campionato di sviluppo, che di fatto penalizza e retrocede tutte le nostre società, con grave danno economico e d’immagine”. Nessuna guerra (“hai un compito difficile, le società vogliono rimanere al tuo fianco” e la disponibilità “agli aggiustamenti necessari” che sembra riguardare la C, ma sempre e rigorosamente all’interno dei campionati dilettanti.
Se Meneghin farà orecchie da mercante, la LNP andrà allo scontro duro, sembra che 220 società siano pronte a non iscriversi al campionato, e quindi non verseranno nemmeno quelle tasse anticipate necessarie al funzionamento dei campionati. E il CONI non interverrà certo con un rifinanziamento. Per molte società forse è la scusa per chiudere i battenti, vista la crisi nera. E oltre alla serrata, è chiaro che magari le 220 società penserebbero a class-action. Bisogna stare attenti, questo tipo di rivendicazione è per ora uno strumento sotto traccia, ma può fare molto rumore. Forse Meneghin dovrebbe congelare la riforma, e proporla organicamente e concordemente con tutte le leghe, visto anche lo stato economico di alcune società dell’area A e Lega Due che stanno in piedi come birilli, e non c’è un reale (ma solo supposto) desiderio di queste grandi città in sonno che non mi pare abbiano presentato finora dei progetti con tanto di piano economico e che, se vogliamo dirla tutta, ai loro tempi (non proprio d’oro) non hanno vinto – mi sembra – titoli e trofei. Il prossimo Consiglio federale è previsto il 5 giugno, forse è il caso di muoversi in fretta.